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Cos’è la manna e i suoi utilizzi medici
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LA STORIA DELLA MANNA
I greci e i romani la conoscevano col nome di Miele di rugiada o Secrezione delle stelle. La sua etimologia deriva dall’ebraico Mân Hu, “cos’è?”, essendo stata questa, come narra il XVI libro dell’Esodo, la domanda che gli ebrei affamati si rivolsero nel veder cadere un cibo sconosciuto, miracolosamente mandato loro da Dio nel deserto: la manna. Ma esiste una manna che non cade dal cielo, e non è un miracolo. Piuttosto, stilla dal frassino, che nella mitologia nordica è l’Yggdrasil, l’Albero della vita, che abbraccia l’universo: le sue radici arrivano al cuore della terra, i suoi rami riempiono il cielo, sulla sua chioma si radunano gli dei. Un tempo la manna si raccoglieva in diverse parti d’Italia: in Sicilia, in Calabria, nel Gargano, nel Beneventano, nel Molise, nel Lazio nei boschi della Tolfa, nella Maremma toscana. Era una pratica conosciuta dai contadini, tramandata in famiglia. Fu soprattutto la produzione di mannitolo di sintesi, fin dall’inizio dell’900, a far diminuire la richiesta del mercato, a portare verso l’estinzione quest’antica cultura.
Oggi la manna si raccoglie solo in Sicilia, nella terra selvaggia e splendente delle Madonie, precisamente nei comuni di Pollina e Castelbuono.
La manna da frassino si ottiene dalla coltivazione di alcune specie appartenenti al genere Fraxinus, si produce dalla seconda decade di luglio fino alla metà di settembre praticando quotidianamente delle incisioni sul troncoda cui fuoriesce una linfa che con il caldo secco estivo si solidifica. La raccolta avviene dopo una settimana circa. Si producono diverse qualità di manna: la manna “cannolo” che è la più pregiata per l’assenza d’impurità, la manna “rottame”, che si raccoglie dal tronco del frassino e manna ”in sorte” che si raccoglie da contenitori posti alla base dell’albero, generalmente cladodi (pale) di fico d’india.
La manna è il prodotto che si ottiene dalla solidificazione della linfa elaborata che fuoriesce, durante la stagione estiva, dalle incisioni praticate sul fusto e sulle branche principali di alcune specie del genere Fraxinus. Le più antiche notizie sulla produzione di manna in Sicilia risalgono alla seconda metà del 1500, ma la coltura nell’isola si sviluppò intensivamente soltanto nel XVIII secolo. Dall’ultimo dopoguerra in poi la coltura ha subito un rapido declino, rimanendo relegata in ristrette superfici del comprensorio Madonita e, in particolare, nei territori di Castelbuono e Pollina. La composizione chimica della manna è molto complessa e variabile, in funzione della specie e delle cultivar dalle quali si estrae. Il principio attivo più abbondante è costituito dalla mannite o D-mannitolo, un alcool esavalente incolore, inodore e di sapore zuccherino noto anche con il nome di “zucchero di manna”.
Sono presenti, inoltre, diverse altre sostanze come glucosio, fruttosio, mannotriosio, mannotetrosio, elementi minerali, acidi organici, acqua e altri componenti minori. La manna costituisce una sostanza farmacologicamente importante perché viene utilizzata contro diverse patologie. Principalmente è usata per combattere i problemi di stitichezza e come purgante privo di azioni secondarie, sia in età infantile che adulta. Nei casi di avvelenamento la mannite produce un aumento della diuresi e favorisce così l’allontanamento delle sostanze tossiche dell’organismo attraverso i reni. In soluzioni ipertoniche viene utilizzata per rimuovere edemi polmonari e cerebrali. La manna è consigliata anche per l’allontanamento dei parassiti intestinali. In dosi moderate stimola la secrezione delle vie biliari. Inoltre, essendo ben tollerata dai diabetici, può essere utilizzata anche come dolcificante alimentare.
Dosi consigliate:
• Adulti: da 20 a 30 gr., preferibilmente la sera;
• Bambini: da 5 a 10 gr., preferibilmente la sera.





